I Canti

Il gruppo si propone di studiare e diffondere il patrimonio di cultura popolare trasmesso in forma orale dalle passate generazioni e proprio per questo minacciato di estinzione.

L’impegno primario è lo studio del canto popolare locale e la sua esecuzione il più possibile fedele a quanto tramandato dai vecchi informatori , fonte unica della raccolta curata dal direttore del gruppo Gabriele Vardanega (oltre 450 brani trascritti fedelmente dalla diretta testimonianza degli informatori negli anni ’70 e ’90).

Notevoli sono le ballate, alcune con riferimenti medievali e rinascimentali, altre con più recenti indizi di imprese napoleoniche e risorgimentali. Molti i canti di contrasto con temi prevalenti di amore o di emigrazione, canti cumulativi e di ispirazione varia (lavoro, religione, montagna, guerra, natura, cantastorie, ecc.).

I risultati di questa ricerca sono e saranno in futuro tradotti in registrazioni per la pubblica diffusione.

Potete gustare un ‘assaggio’ di questa cultura popolare visitando il nostro archivio musicale che contiene tutta la nostra produzione registrata su nastri e CD. In questo archivio è disponibile l’anteprima di circa 150 brani, come ad esempio questo:

{play}http://www.posagnot.com/brani/mp3/02-03-Mansueta.mp3{/play}

 

Canti Rituali e Religiosi

Fin dalla preistoria l’alternanza delle stagioni dovuta al ciclo solare è stata celebrata da riti e canti particolari. Con l’arrivo del cristianesimo la chiesa ha cercato di far suoi questi riti stagionali abbinandoli alla vita di Cristo.
La pausa invernale dai lavori agricoli e l’apparente morte della natura chiamano a feste natalizie di rinascita del sole e della vita dopo il solstizio invernale.
I canti del ciclo natalizio sono sopravvissuti più a lungo e ci hanno lasciato le testimonianze più numerose. In certe zone l’usanza di andare per le case a cantare la “ciarastéla” è continuata fino ai primi anni settanta.

Il ciclo carnevale – quaresima culmina con la Pasqua ed è legato ai riti precristiani “de brusar a vècia” (purificazione = quaresima) e del “bàter marzh” che consisteva nel girare per i campi percuotendo dei bandoni di latta per ottenere un fracasso infernale onde risvegliare dal sonno la natura e far crescere l’erba. Se ne approfittava inoltre per canzonare (forse da qui deriva l’espressione dialettale “tor in giro”) le persone e le situazioni ritenute degne di disapprovazione (ad esempio vedove che si risposavano).
Il periodo estivo autunnale dopo l’intensa attività lavorativa sui campi e nelle vigne, si concludeva con la festa di S. Martino, che con la scadenza dei contratti agricoli chiudeva la stagione.

Rime infantili, nine-nane, giochi e conte, canti cumulativi

Lo scopo preminente di questi giochi di parole semplici, ma spesso dai risvolti strani e quasi magici, era didattico e pedagogico; era la scuola prima che questa diventasse d’obbligo.
R. Leydi in “I canti popolari italiani” dice: – Per quanto riguarda le rime e i giochi infantili (…) hanno lo scopo di promuovere il coordinamento dei movimenti, di suscitare il controllo emozionale, di far apprendere nozioni e vocaboli.-
Numerose sono le filastrocche tramandateci e ancor di più dovevano essere quelle che sono andate perse. Qui ne riportiamo solo alcune che ci sembrano più propedeutiche al canto dell’adulto.

Ballate e canzoni narrative da foglio volante

Le ballate sono tra i canti più antichi ed interessanti che ci siano stati tramandati oralmente. Ha dell’incredibile come di generazione in generazione, di bocca in bocca siano potuti sopravvivere quasi intatti per tanti secoli.
Certo col tempo hanno assunto vesti musicali diverse e modifiche a volte anche radicali da luogo a luogo; a pochi chilometri di distanza o anche nello stesso paese possono convivere lezioni diverse della stessa ballata.
Per alcune il testo si è conservato incredibilmente coerente e quasi uguale per tutto il territorio di diffusione, mentre per altre è andato via via adattandosi agli eventi storici o sociali più rilevanti (risorgimento, emigrazione, grande guerra).
R. Leydi così sintetizza i caratteri fondamentali della ballata:-
1- Racconta un solo avvenimento
2- Tende alla concisione e all’esposizione sintetica
3- E’ impersonale
4- Utilizza molto spesso la forma dialogata
5- Evita le descrizioni d’ambiente, i commenti (salvo una “morale” conclusiva che però è infrequente e spesso applicata), la digressione lirica
6- Non descrive che molto sommariamente i personaggi
7- Non contiene antefatti
8- Impiega largamente formule
9- Presenta quasi sempre ripetizioni e spesso ha un ritornello
10- E’ metricamente strutturata su versi così detti epico-lirici e, nelle forme moderne, su versi da essi derivati (settesillabi, ottosillabi, novesillabi, decasillabi).

(…) Il repertorio italiano presenta sicuramente elementi autoctoni, ma nell’insieme si rivela strutturalmente connesso con il grande “corpus” della ballata europea in genere e con quella provenzale – catalana in particolare.
(…) L’invenzione della stampa portò un nuovo contributo alla diffusione della ballata e segnò una specie di cesura nel filo della tradizione. Con il foglio volante incomincia un nuovo periodo per la canzone narrativa. (…) Usando il nuovo mezzo cominciano a circolare tra il popolo testi formalmente e anche concettualmente nuovi. (…) I componimenti dei cantastorie contemporanei si collocano in questo filone e ne rappresentano l’ultima manifestazione.-

Canti Sociali

Abbiamo riunito in questo capitolo i canti di lavoro, di protesta e dell’emigrazione
Al primo gruppo abbiamo ammesso non solo i ritmi che accompagnavano il lavoro vero e proprio, ma anche quei canti che nascevano e venivano imparati nell’ambiente di lavoro, tra i pescatori, tra le filandere ecc.
Il secondo gruppo comprende canzoni di protesta, di diserzione, di disagio sociale, di malavita o di prigionia.
Da ultimo vengono alcuni canti dell’emigrazione, pochi a dir il vero nati come tali (vedi nota alla canzone “Adio cara picina”), i più sono adattamenti al fenomeno migratorio di vecchie ballate o di motivi preesistenti.

Canti Storici e Militari

I canti patriottici, soprattutto durante il risorgimento, dovevano essere numerosi, ma essendo per lo più di origine colta non hanno trovato una grande eco nel popolo che li ha presto dimenticati.
Fa eccezione l’inno patriottico “Su su coriamo” i cui rapidi cambiamenti di ritmo e forma ne hanno favorito il frammentarsi in varie lezioni che di primo acchito si fatica a ricondurre al motivo originario (vedi ” Se sì squadron” e altre presenti in diverse raccolte).
La naia e le guerre sono sempre state una grande fucina di canti sia di nuova creazione, sia di rifacimenti di vecchi motivi.
La “Grande Guerra”, con i lunghi ed estenuanti periodi di attesa nelle trincee o nelle baracche, tra una battaglia e l’altra, e con il grande rimescolamento di culture e di persone provenienti da tutta Italia, è stato come un anno zero per il canto popolare. Poche sono le canzoni allora conosciute che non abbiano subito qualche rimaneggiamento per adattarsi alla nuova situazione.

Contrasti e Canti Lirici

In questa sezione sono raccolti i contrasti, i canti lirici, le serenate e inoltre quei motivi di carattere vario che non hanno trovato posto negli altri capitoli.
Alcuni sono brani d’autore, altri sono ritornelli o resti di qualche canzone in voga nel passato, altri ancora potrebbero essere collegati a ballate più antiche, ma non più riconoscibili nei pochi resti trasformati di significato e di destinazione.
Ci sono anche dei canti difficilmente inquadrabili e databili, che riporto così come mi sono stati cantati, demandando ad altri più esperti il compito di approfondire la ricerca.

Canti Satirici

Abbiamo lasciato per ultime le canzoni apparentemente meno impegnate e più “Volgari”. Alcune oggi giorno non risulterebbero “politicamente corrette” , soprattutto quando cercano la risata deridendo i difetti fisici o morali delle persone, primi tra tutti i gobbi, poi i vecchi, poi le donne ecc. (cosa diranno le femministe …)
In questi canti si rivela la genuina ispirazione popolare; qui le regole sociali e di decenza, che tanto condizionano i ceti “alti” e che la chiesa vorrebbe imporre anche alle classi meno elitarie, vengono eluse e ne scaturisce un’ispirazione la quale, se non ha morale, non ha nemmeno limiti temporali o topografici e probabilmente è molto simile e quella che animava le prime forme canore fin dall’antichità.
Di un certo interesse mi sembrano i racconti fantastici che parlano di esseri talmente grandi da coprire una pianura con la loro sepoltura, o talmente piccoli da poter costruire un condominio con un cucchiaio di calce. Non so se possano essere collegati a “I viaggi di Guliver” o se invece sia stato Jonathan Swift a rifarsi alle tradizioni popolari.
A conclusione vengono i versi più “spinti” dove il doppio senso non è più nemmeno doppio senso e dove il sesso femminile non è più poeticamente o rosa o giardino o boschetto o fontanella o barchetta …